
Lo yoga non significa semplicemente evoluzione spirituale ma evoluzione spirituale COSCIENTE ed è in questo quadro che si inserisce l’importanza della cosiddetta “presa di coscienza”. Si tratta di uno dei fattori fondamentali di accelerazione sul percorso di tale evoluzione. Ma presa di coscienza di cosa? E soprattutto cosa intendiamo con questa definizione? All’inizio della pratica è qualcosa di nebuloso, una sorta di sentimento indefinito che però, poco a poco e allenandosi così come si fa per amplificare qualsiasi altra facoltà, si trasforma in un vissuto profondo e complesso, in uno strumento essenziale per essere veramente consapevoli del nostro universo interiore e dei meccanismi che lo governano e, in ultima analisi, dei misteri dell’universo in cui siamo immersi. E’ facile a questo punto intuire in che modo si trasforma la vita di ognuno, man mano che si lavora al risveglio di questa facoltà fino a renderla permanente: si passa da un atteggiamento passivo in cui abbiamo la semplice illusione di essere noi a guidare la nostra vita a un atteggiamento attivo e consapevole che ci permette di “creare” effettivamente la nostra esistenza momento per momento. Il primo passo ci viene illustrato dalle parole di una yoghini indiana MEENAKSHI DEVI: ”Essere coscienti il più possibile di tutti gli aspetti che ci mostrano quanto a volte siamo incoscienti, senza che ce ne rendiamo conto”.
Quest’affermazione vuole essere un movente, un trampolino di lancio, uno stimolo a uscire dalla condizione di incoscienza in cui ci troviamo e superarla, ma prima è necessario riconoscerla e ammetterla. Non è un paradosso ma una verità che il praticante yoga deve sempre tenere a mente perché è preclusa ogni evoluzione spirituale se non si parte da un’attenta analisi dei propri limiti, se non si è consapevoli della propria ignoranza, se si continua ad agire con superficialità ed egoismo, se solo ci si illude di comportarsi nel modo giusto. E’ un primo passo costoso ma fondamentale, quello che apre la strada alle tappe successive, tutte imprescindibili, da percorrere una per una, con fiducia nel risultato. In caso contrario, è inutile aspettarsi risultati concreti e definitivi.
Pazienza, apertura mentale, attenzione, determinazione a purificarsi da tutto ciò che è male e negativo e buona disposizione a imparare da ogni situazione (interiore ed esteriore), senza alimentare stati di frustrazione sono requisiti fondamentali da cominciare a coltivare da subito fino a cristallizzarli, se si vuole raggiungere l’obiettivo finale. Il piano etico-morale dello yoga rappresentato dalle regole elencate in YAMA e NYAMA è, a questo proposito, un ottimo punto di riferimento.
L’obiettivo finale, la presa di coscienza suprema, che corrisponde anche allo scopo essenziale dello yoga, è il ritorno a uno stato PERFETTAMENTE COSCIENTE di NON DUALITA’ e di UNIONE e FUSIONE CON IL MACROCOSMO. Si tratta di uno stato che, come affermano i saggi d’Oriente, esiste già in ognuno anche se non ne siamo coscienti. Il fatto di ignorare questo stato ci spinge a rilevare continuamente le differenze più che le similitudini, sia a livello interiore che esteriore, a percepire dualità e molteplicità ovunque, a sentirci separati. Indulgere in questo stato di ignoranza contrasta del tutto con la pratica yoga che al contrario implica agire con ABILITA’ E INTELLIGENZA, sfruttando le proprie potenzialità al massimo dell’efficienza e la presa di coscienza totale è lo strumento principe per amplificare questa attitudine. La pratica yoga, per essere veramente corretta ed efficace, perché non sia sterile e deludente, deve essere sempre accompagnata dalla presa di coscienza, quando questa manca, manca anche lo yoga, quello vero.
Quest’affermazione vuole essere un movente, un trampolino di lancio, uno stimolo a uscire dalla condizione di incoscienza in cui ci troviamo e superarla, ma prima è necessario riconoscerla e ammetterla. Non è un paradosso ma una verità che il praticante yoga deve sempre tenere a mente perché è preclusa ogni evoluzione spirituale se non si parte da un’attenta analisi dei propri limiti, se non si è consapevoli della propria ignoranza, se si continua ad agire con superficialità ed egoismo, se solo ci si illude di comportarsi nel modo giusto. E’ un primo passo costoso ma fondamentale, quello che apre la strada alle tappe successive, tutte imprescindibili, da percorrere una per una, con fiducia nel risultato. In caso contrario, è inutile aspettarsi risultati concreti e definitivi.
Pazienza, apertura mentale, attenzione, determinazione a purificarsi da tutto ciò che è male e negativo e buona disposizione a imparare da ogni situazione (interiore ed esteriore), senza alimentare stati di frustrazione sono requisiti fondamentali da cominciare a coltivare da subito fino a cristallizzarli, se si vuole raggiungere l’obiettivo finale. Il piano etico-morale dello yoga rappresentato dalle regole elencate in YAMA e NYAMA è, a questo proposito, un ottimo punto di riferimento.
L’obiettivo finale, la presa di coscienza suprema, che corrisponde anche allo scopo essenziale dello yoga, è il ritorno a uno stato PERFETTAMENTE COSCIENTE di NON DUALITA’ e di UNIONE e FUSIONE CON IL MACROCOSMO. Si tratta di uno stato che, come affermano i saggi d’Oriente, esiste già in ognuno anche se non ne siamo coscienti. Il fatto di ignorare questo stato ci spinge a rilevare continuamente le differenze più che le similitudini, sia a livello interiore che esteriore, a percepire dualità e molteplicità ovunque, a sentirci separati. Indulgere in questo stato di ignoranza contrasta del tutto con la pratica yoga che al contrario implica agire con ABILITA’ E INTELLIGENZA, sfruttando le proprie potenzialità al massimo dell’efficienza e la presa di coscienza totale è lo strumento principe per amplificare questa attitudine. La pratica yoga, per essere veramente corretta ed efficace, perché non sia sterile e deludente, deve essere sempre accompagnata dalla presa di coscienza, quando questa manca, manca anche lo yoga, quello vero.