
Possiamo affermare che ciò che accomuna chi si avvicina allo yoga o alla psicoterapia sia il desiderio di raggiungere una maggiore consapevolezza di sé in vista di un miglioramento per quel che riguarda lo stato interiore e la propria capacità di affrontare le diverse situazioni di vita. Entrambi quindi possono essere definiti percorsi di crescita personale. Si parla e si è parlato a lungo dell’efficacia dell’una, della loro possibile integrazione o di quanto si rischi di scadere in alcuni ambiti in forme di pseudoaiuto dove figure non professionali piuttosto ambigue promettono miracoli con la “sola imposizione delle mani”. Ma cosa realmente accomuna e differenzia queste due scienze che sondano i terreni più profondi dell’ essere?
La psicoterapia focalizza la sua attenzione sui processi mentali che l’individuo espleta a livello interpersonale e intrapsichico; lavora su blocchi, così come sulle ripercussioni che questi possono avere anche a livello fisico. Esistono in tale direzione approcci terapeutici diversi che focalizzano il lavoro sul piano fisico: ad es. la Bioenergetica di Alexander Lowen va nella direzione di stimolare il paziente a diventare consapevole delle proprie contrazioni muscolari al fine di alleviare le tensioni croniche che altro non sono che manifestazioni di determinati disturbi del carattere (W. Reich, maestro di Lowen, usa in tal senso il termine di “armature del carattere”). O ancora la dott.ssa Ida Rolf ha sviluppato un approccio ai disturbi dell’atteggiamento corporeo chiamato “integrazione strutturale” che seppur non sia stato definito dall’autrice un metodo prettamente psicoterapeutico apporta, a detta dei pazienti, delle modificazioni sostanziali su stati mentali ed emotivi.
Nello yoga tradizionale è implicita similmente la nozione che la postura e l’atteggiamento fisico sono intimamente legati alla personalità e all’emozione; esso aggiunge che l’equilibrio o il disequilibrio energetico ha delle chiare manifestazioni e ripercussioni sul corpo che possono espletarsi in svariati modi come ad esempio possibile accumulo di massa corporea (vedi persone con una grande carica vitale e equivalente massa fisica armoniosa) o ancora come manifestazioni di patologie e squilibri psichici nel caso di disarmonie energetiche sottostanti. Secondo la filosofia orientale lo squilibrio energetico precede la malattia fisica.Da qui il lavoro che lo yoga tradizionale propone si articola sull’integrazione di più piano: fisico, mentale, energetico. Quindi attraverso il lavoro posturale con l’Hatha Yoga oltre a sciogliere tensioni muscolari e acquisire elasticità si realizza contemporaneamente la purificazione dei canali energetici sottili, denominati nadi, nei quali circolano le energie all’interno e all’esterno del corpo umano e che compongono la fisiologia sottile di ogni individuo. Attraverso l’ armonizzazione di queste energie è possibile notare dei cambiamenti nel carattere e nei vissuti della persona.
Si può affermare che a un cambiamento sottile corrisponde una trasformazione anche a livello caratteriale. Sia la psicoterapia che lo yoga hanno a che fare con il mentale e i processi sottostanti; in linea di massima la prima parte dal presupposto che l’individuo mette in atto comportamenti che altro non sono che espressioni di schemi mentali sottostanti che si ripetono e si attivano in risposta a stimoli. Da qui il campo mentale è studiato indirettamente e con la finalità di comprendere i processi disfunzionali che l’individuo attiva e modificarli in vista di un funzionamento più integrato. Nello yoga invece la mente viene studiata direttamente mediante l’esperienza diretta dell’introspezione usando tecniche meditative. Attraverso il processo della meditazione si sviluppa la capacità di osservare il funzionamento della mente senza essere fuorviati o sopraffatti dai pensieri; questo è possibile attraverso un processo graduale di evoluzione dove l’individuo arriva a non identificarsi più con essa. La domanda a cui risponde la psicoterapia potrebbe essere riassunta in “come ragioniamo e perché?”; lo yoga, invece, si domanda “chi è che ragiona?”.
Inoltre lo yoga e la psicoterapia hanno un approccio diverso anche per ciò che riguarda il concetto di senso dell’Io quale capacità di separare il sé dal flusso degli eventi e di concepire se stessi come entità individuali: la psicologia tende a cosiderare come apice dello sviluppo l’acquisizione di un saldo e costante senso dell’Io e a ciò si perviene negli anni post-adolescenziali quando si raggiunge un’identità stabile. In tale processo l’ego è inteso come la capacità di adattamento sociale, esso implica certe regole operative, pensa in modo logico e sequenziale e significa “Io” nell’uso corrente del termine. Da qui il tentativo della psicologia è volto a rinforzare l’ego. Lo yoga utilizza il termine Ahankara per riferisrsi al senso dell’Io, e non considera necessariamente integrato un “ego maturo” proprio di uno stadio di sviluppo adulto. Nello yoga si ritiene che le potenzialità evolutive vadano ben oltre l’ego e che le capacità di crescita e di integrazione dell’essere umano siano di gran lunga maggiori. L’ego quindi viene visto come qualcosa che può essere trasceso in vista di un’ulteriore evoluzione. la psicologia ha spesso guardato dubbiosa interventi in questa direzione e i concetti di Melanine Klein, di H. Stack Sullivan e di altri che hanno tantato di definire concettualmente le esperienze di mancanza di ego sono stati spesso mal interpretati; come anche le esperienze volte a raggiungere stati di coscienza nei quali il senso dell’Io si estende a qualcosa di più della capacità individuale sono state considerate “mistiche” o l’espressione di una qualche psicopatologia caratterizzata da perdita di contatto con la realtà.
Come nello yoga l’attenzione all’uso della respirazione e a tecniche di rilassamento è presente in diversi tipi di interventi psicologici comportamentale e non; il ritmo respiratorio è visto come indicatore dello stato emotivo e mentale. Il controllo del respiro conduce all’ equilibrio psichico e elimina diverse problematiche come ansia stati di abbandono e inedia ecc. senza il bisogno di ricorrere a farmaci. Lo yoga in più considera che la durata della vita sia legata a quante respirazioni vengano fatte; regolando il ritmo si allunga e migliora l’esistenza e con le tecniche di pranayama (la respirazione yogica completa) è possibile accumulare coscientemente l’ energia (prana) che ci sostiene. Ad oggi nuove acquisizioni metodologiche nell’ambito della psicologia fanno proprie a tutti gli effetti, integrandole, diverse tecniche del sistema yoga; è ad esempio il caso della mindfulness che significa essenzialmente “consapevolezza” dei propri pensieri, azioni, motivazioni. In essa si punta sull’applicazione di pratiche meditative come la Vipassana dove si insegna a mantenere l’attenzione ancorata al momento presente, sviluppando un’attenzione consapevole, non giudicante e intenzionale alla propria esperienza nel momento in cui viene vissuta.
Aiuta inoltre a riconoscere i pensieri in quanto tali e a non considerarli dati di fatto. La pratica della mindfulness si propone, quindi, di aiutare a sostituire nella vita quotidiana comportamenti reattivi, automatici e distruttivi con scelte consapevoli ed appropriate al contesto. Questi programmi sono utilizzati con particolare efficacia per i disturbi d’ansia, la depressione, il dolore cronico, e tutte le malattie fisiche che possano giovarsi di una migliore risposta dell’organismo ai processi patologici. Possiamo concludere affermando che sono molti i punti di incontro tra il sistema yoga e la psicoterapia ma c’è un aspetto che la psicologia ha tralasciato e delegato a altri pur favorendo lo sviluppo e la crescita individuale, l’aspetto spirituale: l’uomo cresce e la crescita nello yoga ha più gradini e in uno di essi l’essere arriva a quello che è definito come rivelazione del Sé; concetto questo che racchiude qualcosa di più del processo di individuazione a cui C.G. Jung si riferiva quando parlava di cammino verso la realizzazione del Sé.
La psicoterapia focalizza la sua attenzione sui processi mentali che l’individuo espleta a livello interpersonale e intrapsichico; lavora su blocchi, così come sulle ripercussioni che questi possono avere anche a livello fisico. Esistono in tale direzione approcci terapeutici diversi che focalizzano il lavoro sul piano fisico: ad es. la Bioenergetica di Alexander Lowen va nella direzione di stimolare il paziente a diventare consapevole delle proprie contrazioni muscolari al fine di alleviare le tensioni croniche che altro non sono che manifestazioni di determinati disturbi del carattere (W. Reich, maestro di Lowen, usa in tal senso il termine di “armature del carattere”). O ancora la dott.ssa Ida Rolf ha sviluppato un approccio ai disturbi dell’atteggiamento corporeo chiamato “integrazione strutturale” che seppur non sia stato definito dall’autrice un metodo prettamente psicoterapeutico apporta, a detta dei pazienti, delle modificazioni sostanziali su stati mentali ed emotivi.
Nello yoga tradizionale è implicita similmente la nozione che la postura e l’atteggiamento fisico sono intimamente legati alla personalità e all’emozione; esso aggiunge che l’equilibrio o il disequilibrio energetico ha delle chiare manifestazioni e ripercussioni sul corpo che possono espletarsi in svariati modi come ad esempio possibile accumulo di massa corporea (vedi persone con una grande carica vitale e equivalente massa fisica armoniosa) o ancora come manifestazioni di patologie e squilibri psichici nel caso di disarmonie energetiche sottostanti. Secondo la filosofia orientale lo squilibrio energetico precede la malattia fisica.Da qui il lavoro che lo yoga tradizionale propone si articola sull’integrazione di più piano: fisico, mentale, energetico. Quindi attraverso il lavoro posturale con l’Hatha Yoga oltre a sciogliere tensioni muscolari e acquisire elasticità si realizza contemporaneamente la purificazione dei canali energetici sottili, denominati nadi, nei quali circolano le energie all’interno e all’esterno del corpo umano e che compongono la fisiologia sottile di ogni individuo. Attraverso l’ armonizzazione di queste energie è possibile notare dei cambiamenti nel carattere e nei vissuti della persona.
Si può affermare che a un cambiamento sottile corrisponde una trasformazione anche a livello caratteriale. Sia la psicoterapia che lo yoga hanno a che fare con il mentale e i processi sottostanti; in linea di massima la prima parte dal presupposto che l’individuo mette in atto comportamenti che altro non sono che espressioni di schemi mentali sottostanti che si ripetono e si attivano in risposta a stimoli. Da qui il campo mentale è studiato indirettamente e con la finalità di comprendere i processi disfunzionali che l’individuo attiva e modificarli in vista di un funzionamento più integrato. Nello yoga invece la mente viene studiata direttamente mediante l’esperienza diretta dell’introspezione usando tecniche meditative. Attraverso il processo della meditazione si sviluppa la capacità di osservare il funzionamento della mente senza essere fuorviati o sopraffatti dai pensieri; questo è possibile attraverso un processo graduale di evoluzione dove l’individuo arriva a non identificarsi più con essa. La domanda a cui risponde la psicoterapia potrebbe essere riassunta in “come ragioniamo e perché?”; lo yoga, invece, si domanda “chi è che ragiona?”.
Inoltre lo yoga e la psicoterapia hanno un approccio diverso anche per ciò che riguarda il concetto di senso dell’Io quale capacità di separare il sé dal flusso degli eventi e di concepire se stessi come entità individuali: la psicologia tende a cosiderare come apice dello sviluppo l’acquisizione di un saldo e costante senso dell’Io e a ciò si perviene negli anni post-adolescenziali quando si raggiunge un’identità stabile. In tale processo l’ego è inteso come la capacità di adattamento sociale, esso implica certe regole operative, pensa in modo logico e sequenziale e significa “Io” nell’uso corrente del termine. Da qui il tentativo della psicologia è volto a rinforzare l’ego. Lo yoga utilizza il termine Ahankara per riferisrsi al senso dell’Io, e non considera necessariamente integrato un “ego maturo” proprio di uno stadio di sviluppo adulto. Nello yoga si ritiene che le potenzialità evolutive vadano ben oltre l’ego e che le capacità di crescita e di integrazione dell’essere umano siano di gran lunga maggiori. L’ego quindi viene visto come qualcosa che può essere trasceso in vista di un’ulteriore evoluzione. la psicologia ha spesso guardato dubbiosa interventi in questa direzione e i concetti di Melanine Klein, di H. Stack Sullivan e di altri che hanno tantato di definire concettualmente le esperienze di mancanza di ego sono stati spesso mal interpretati; come anche le esperienze volte a raggiungere stati di coscienza nei quali il senso dell’Io si estende a qualcosa di più della capacità individuale sono state considerate “mistiche” o l’espressione di una qualche psicopatologia caratterizzata da perdita di contatto con la realtà.
Come nello yoga l’attenzione all’uso della respirazione e a tecniche di rilassamento è presente in diversi tipi di interventi psicologici comportamentale e non; il ritmo respiratorio è visto come indicatore dello stato emotivo e mentale. Il controllo del respiro conduce all’ equilibrio psichico e elimina diverse problematiche come ansia stati di abbandono e inedia ecc. senza il bisogno di ricorrere a farmaci. Lo yoga in più considera che la durata della vita sia legata a quante respirazioni vengano fatte; regolando il ritmo si allunga e migliora l’esistenza e con le tecniche di pranayama (la respirazione yogica completa) è possibile accumulare coscientemente l’ energia (prana) che ci sostiene. Ad oggi nuove acquisizioni metodologiche nell’ambito della psicologia fanno proprie a tutti gli effetti, integrandole, diverse tecniche del sistema yoga; è ad esempio il caso della mindfulness che significa essenzialmente “consapevolezza” dei propri pensieri, azioni, motivazioni. In essa si punta sull’applicazione di pratiche meditative come la Vipassana dove si insegna a mantenere l’attenzione ancorata al momento presente, sviluppando un’attenzione consapevole, non giudicante e intenzionale alla propria esperienza nel momento in cui viene vissuta.
Aiuta inoltre a riconoscere i pensieri in quanto tali e a non considerarli dati di fatto. La pratica della mindfulness si propone, quindi, di aiutare a sostituire nella vita quotidiana comportamenti reattivi, automatici e distruttivi con scelte consapevoli ed appropriate al contesto. Questi programmi sono utilizzati con particolare efficacia per i disturbi d’ansia, la depressione, il dolore cronico, e tutte le malattie fisiche che possano giovarsi di una migliore risposta dell’organismo ai processi patologici. Possiamo concludere affermando che sono molti i punti di incontro tra il sistema yoga e la psicoterapia ma c’è un aspetto che la psicologia ha tralasciato e delegato a altri pur favorendo lo sviluppo e la crescita individuale, l’aspetto spirituale: l’uomo cresce e la crescita nello yoga ha più gradini e in uno di essi l’essere arriva a quello che è definito come rivelazione del Sé; concetto questo che racchiude qualcosa di più del processo di individuazione a cui C.G. Jung si riferiva quando parlava di cammino verso la realizzazione del Sé.