
Serafino è il santo più amato in Russia. Discendente di una stirpe di guerrieri, nacque nel 1759 a Kursk, cittadina russa ai confini della steppa, la prima ad essere attaccata e a doversi difendere dai nemici. L’innato impeto virile e guerriero lo indirizzò però a combattere ben altre battaglie, più lunghe e difficili, che lo condussero allo stato di santità, dopo un prolungato periodo di purificazione. Tale purificazione avvenne tramite il fuoco che il suo nome stesso ricorda (Serafino significa infatti “fuoco ardente”), il fuoco della temperanza e della fede, la cui luce è quella dello Spirito Santo. “Il vero fine della vita cristiana” diceva”consiste nell’acquisizione dello Spirito di Dio, mentre la preghiera, le veglie, il digiuno, l’elemosina e le altreazioni virtuose fatte in nome di Cristo sono solo dei mezzi per acquisirlo.” Una volta un suo discepolo gli chiese come si potesse essere sicuri di trovarsi nello Spirito Santo e quando Serafino lo invitò a guardarlo negli occhi, si ritrasse dicendo: “Non posso Padre. Dei lampi brillano nei suoi occhi. Il suo volto è diventato più luminoso del sole.
Mi fanno male gli occhi.” Trascorse i primi 18 anni della sua vita con i suoi genitori commercianti e persino del commercio fece un’arte spirituale. Affermava: “La nostra attività cristiana non deve consistere unicamente nell'accumulare buone azioni che sono solo dei mezzi per arrivare al fine, ma nel ricavare il massimo profitto, cioè nell’ottenere i doni sovrabbondanti dello Spirito Santo.” E ancora: “Pregate incessantemente” (Ts. 5,17), ricordando però “meglio pronunciare 5 parole con la mia intelligenza che non mille con la lingua” (1Co14,19). Serafino si ritirò in preghiera per lungo tempo nella foresta di Sarov, digiunando e nutrendosi esclusivamente di un’erba chiamata egopodo, lottando contro i demoni e resistendo ai venti glaciali dellenotti invernali, quando i vecchi abeti muggiscono e i branchi di lupi ululano. L’eremo di Serafino era circondato da animali e un orso in particolare gli procurava favi di miele che l’anacoreta (1) offriva ai suoi ospiti. E' per questo che lo troviamo raffigurato in molte icone nell'atto di offrire un pezzo di pane a un orso. “Un cuore caritatevole s’infiamma di carità per la creazione intera … Si intenerisce e non può sopportare divedere o sentir parlare di qualsiasi sofferenza, fosse anche il più piccolo dolore inflitto a una creatura. Ecco perché un uomo simile non cessa mai di pregare anche per gli animali, per i nemici della Verità, per quelli che gli fanno del male” (Sant’Isacco il Siro). Serafino ebbe più volte l’apparizione della Vergine Maria. Durante una di queste apparizioni fu salvato da una malattia incurabile e sentì pronunciare dalle sue labbra: “E’ della nostra razza”. Per mezzo di lei fondò un monastero femminile a Divejevo, la “Comunità Mugnaia”. Vi si riunirono donne di diversi ceti sociali accomunate da una grande forza spirituale e da una fede incrollabile. Vivevano nella povertà, in preghiera, obbedienti al loro padre Spirituale, piene di amore l’una per l’altra.
A volte non avevano di che scaldarsi durante i freddi inverni, né soldi per mangiare, ma la loro vita fu un susseguirsi di prodigi. In queste donne forti ardeva lo stesso fuoco di Serafino, quel fuoco che incendia il cuore, illumina la mente e purifica. Un fuoco che è la vita stessa. Serafino consigliava di ripetere continuamente la preghiera esicasta “Signore, Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me” fino a diventare una sola cosa con la preghiera stessa. Ognuno può avere difficoltà nel realizzare virtù e abbandonare vizi, diceva Serafino, ma la preghiera profondamente trasfigurante è alla portata di tutti, in ogni momento. Conservare durante tutta la giornata la preghiera interiore nel proprio spirito unito al cuore è l’invincibile vittoria, “la stella che ci guida sul cammino del Regno”. Dopo 37 anni di reclusione Serafino aprì la sua cella ai pellegrini attirando folle e folle di gente. Capitava spesso che scappasse dalla finestra e si rifugiasse nella foresta dove si nascondeva sdraiato nell’erba. Una volta l’igumeno del monastero (guida di un monastero nelle Chiese ortodosse, simile al titolo di abate) suggerì ai visitatori: “avete poche possibilità di trovarlo, a meno che non risponda ai bambini che lo chiamano: fateli correre davanti a voi”. Padre Serafino infatti non resisteva alle voci dei bambini, i suoi occhi brillavano della stessa luce, dello stesso candore. Una volta una bambina, dopo averlo incontrato, disse alla sorella: “Padre Serafino fa solo finta di essere vecchio. In realtà è un bambino come noi, vero?”. Serafino con i suoi occhi celesti, lucenti e di una infinita dolcezza accoglieva a sé i pellegrini con la tenerezza di un padre materno, balsamo per i sofferenti ed esortava: “Per salvaguardare la pace interiore, bisogna fuggire la tristezza e cercare di conservare sempre lo spirito allegro, perché la tristezza uccide e non vi è in essa alcun vantaggio”. Concludo questa breve incursione nella vita di Serafino consigliando caldamente la lettura del libro“Serafino di Sarov”. Di seguito alcuni insegnamenti che il santo diede nel corso degli anni. Ripeti continuamente la preghiera del cuore “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me” e pregando presta ascolto a te stesso, cioè raccogli il tuo spirito e riuniscilo al cuore. Taci. Taci sempre. Se non capisci te stesso di cosa puoi discutere con gli altri, cosa puoi insegnare loro? Ma guardati dal criticare chi parla molto. Sii sordo e muto. Il silenzio è sia l’assenza di parole che il vuotoassoluto per riempirsi di Dio. Ricordati costantemente della presenza di Dio e del suo nome. La prima virtù del novizio deve essere l’obbedienza e insieme ad essa la pazienza: deve sopportare senza mormorare angherie e ingiurie. Senza prove non c’è salvezza. La fine dell’ascesi è l’amore. Il recluso intercede con la preghiera per il mondo intero. Ricordati dell’importanza dell’ospitalità. Alcuni hanno ospitato degli angeli senza saperlo. Pratica l’elemosina.
Dobbiamo dedicare tutte le nostre forze a salvaguardare la pace dell’anima e a non indignarci quando gli altri ci offendono, astenendoci dalla collera. Se ci è impossibile non indignarci, freniamo perlomeno la lingua. Evitiamo di giudicare gli altri. Serafino paragonava la vita a un cero: “Guardando un cero acceso soprattutto in Chiesa, pensiamo sempreall’inizio, allo svolgimento e alla fine della nostra vita: come si scioglie un cero acceso davanti al volto di Dio,così la nostra vita diminuisce a ogni istante, avvicinandosi al termine. Questo pensiero ci aiuterà a nondistrarci in chiesa, a pregare con più fervore, a fare il possibile affinché la nostra vita assomigli a un cerofabbricato con cera pura, che brucia e si spegne senza puzzare.”
Mi fanno male gli occhi.” Trascorse i primi 18 anni della sua vita con i suoi genitori commercianti e persino del commercio fece un’arte spirituale. Affermava: “La nostra attività cristiana non deve consistere unicamente nell'accumulare buone azioni che sono solo dei mezzi per arrivare al fine, ma nel ricavare il massimo profitto, cioè nell’ottenere i doni sovrabbondanti dello Spirito Santo.” E ancora: “Pregate incessantemente” (Ts. 5,17), ricordando però “meglio pronunciare 5 parole con la mia intelligenza che non mille con la lingua” (1Co14,19). Serafino si ritirò in preghiera per lungo tempo nella foresta di Sarov, digiunando e nutrendosi esclusivamente di un’erba chiamata egopodo, lottando contro i demoni e resistendo ai venti glaciali dellenotti invernali, quando i vecchi abeti muggiscono e i branchi di lupi ululano. L’eremo di Serafino era circondato da animali e un orso in particolare gli procurava favi di miele che l’anacoreta (1) offriva ai suoi ospiti. E' per questo che lo troviamo raffigurato in molte icone nell'atto di offrire un pezzo di pane a un orso. “Un cuore caritatevole s’infiamma di carità per la creazione intera … Si intenerisce e non può sopportare divedere o sentir parlare di qualsiasi sofferenza, fosse anche il più piccolo dolore inflitto a una creatura. Ecco perché un uomo simile non cessa mai di pregare anche per gli animali, per i nemici della Verità, per quelli che gli fanno del male” (Sant’Isacco il Siro). Serafino ebbe più volte l’apparizione della Vergine Maria. Durante una di queste apparizioni fu salvato da una malattia incurabile e sentì pronunciare dalle sue labbra: “E’ della nostra razza”. Per mezzo di lei fondò un monastero femminile a Divejevo, la “Comunità Mugnaia”. Vi si riunirono donne di diversi ceti sociali accomunate da una grande forza spirituale e da una fede incrollabile. Vivevano nella povertà, in preghiera, obbedienti al loro padre Spirituale, piene di amore l’una per l’altra.
A volte non avevano di che scaldarsi durante i freddi inverni, né soldi per mangiare, ma la loro vita fu un susseguirsi di prodigi. In queste donne forti ardeva lo stesso fuoco di Serafino, quel fuoco che incendia il cuore, illumina la mente e purifica. Un fuoco che è la vita stessa. Serafino consigliava di ripetere continuamente la preghiera esicasta “Signore, Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me” fino a diventare una sola cosa con la preghiera stessa. Ognuno può avere difficoltà nel realizzare virtù e abbandonare vizi, diceva Serafino, ma la preghiera profondamente trasfigurante è alla portata di tutti, in ogni momento. Conservare durante tutta la giornata la preghiera interiore nel proprio spirito unito al cuore è l’invincibile vittoria, “la stella che ci guida sul cammino del Regno”. Dopo 37 anni di reclusione Serafino aprì la sua cella ai pellegrini attirando folle e folle di gente. Capitava spesso che scappasse dalla finestra e si rifugiasse nella foresta dove si nascondeva sdraiato nell’erba. Una volta l’igumeno del monastero (guida di un monastero nelle Chiese ortodosse, simile al titolo di abate) suggerì ai visitatori: “avete poche possibilità di trovarlo, a meno che non risponda ai bambini che lo chiamano: fateli correre davanti a voi”. Padre Serafino infatti non resisteva alle voci dei bambini, i suoi occhi brillavano della stessa luce, dello stesso candore. Una volta una bambina, dopo averlo incontrato, disse alla sorella: “Padre Serafino fa solo finta di essere vecchio. In realtà è un bambino come noi, vero?”. Serafino con i suoi occhi celesti, lucenti e di una infinita dolcezza accoglieva a sé i pellegrini con la tenerezza di un padre materno, balsamo per i sofferenti ed esortava: “Per salvaguardare la pace interiore, bisogna fuggire la tristezza e cercare di conservare sempre lo spirito allegro, perché la tristezza uccide e non vi è in essa alcun vantaggio”. Concludo questa breve incursione nella vita di Serafino consigliando caldamente la lettura del libro“Serafino di Sarov”. Di seguito alcuni insegnamenti che il santo diede nel corso degli anni. Ripeti continuamente la preghiera del cuore “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me” e pregando presta ascolto a te stesso, cioè raccogli il tuo spirito e riuniscilo al cuore. Taci. Taci sempre. Se non capisci te stesso di cosa puoi discutere con gli altri, cosa puoi insegnare loro? Ma guardati dal criticare chi parla molto. Sii sordo e muto. Il silenzio è sia l’assenza di parole che il vuotoassoluto per riempirsi di Dio. Ricordati costantemente della presenza di Dio e del suo nome. La prima virtù del novizio deve essere l’obbedienza e insieme ad essa la pazienza: deve sopportare senza mormorare angherie e ingiurie. Senza prove non c’è salvezza. La fine dell’ascesi è l’amore. Il recluso intercede con la preghiera per il mondo intero. Ricordati dell’importanza dell’ospitalità. Alcuni hanno ospitato degli angeli senza saperlo. Pratica l’elemosina.
Dobbiamo dedicare tutte le nostre forze a salvaguardare la pace dell’anima e a non indignarci quando gli altri ci offendono, astenendoci dalla collera. Se ci è impossibile non indignarci, freniamo perlomeno la lingua. Evitiamo di giudicare gli altri. Serafino paragonava la vita a un cero: “Guardando un cero acceso soprattutto in Chiesa, pensiamo sempreall’inizio, allo svolgimento e alla fine della nostra vita: come si scioglie un cero acceso davanti al volto di Dio,così la nostra vita diminuisce a ogni istante, avvicinandosi al termine. Questo pensiero ci aiuterà a nondistrarci in chiesa, a pregare con più fervore, a fare il possibile affinché la nostra vita assomigli a un cerofabbricato con cera pura, che brucia e si spegne senza puzzare.”